"La scrittura esige virtù scoraggianti, sforzi, pazienza: è un'attività solitaria in cui il pubblico esiste solo come speranza" - Simone De Beauvoir
FREYA MADELEINE STARK

FREYA MADELEINE STARK

Freya Madeleine Stark

(Parigi, 31 gennaio 1893 – Asolo, 9 maggio 1993)

Esploratrice, scrittrice, cartografa, fotografa, Freya Stark rappresenta la donna viaggiatrice per eccellenza, colei che da sola affronta le peripezie dei viaggi con la speranza di trovare posti sempre più meravigliosi e con l’idea che viaggiare aiuta l’anima e conoscere altri popoli arricchisce sempre.

Freya trascorre i suoi primi anni, spostandosi da un luogo all’altro assecondando i capricci dei genitori. Il padre ha origini francesi e la nonna paterna vive a Torquay dove Freya si reca spesso e dove trascorre periodi sereni perché a casa della nonna si può leggere, parlare e riposarsi. La madre nasce in Italia in una famiglia aristocratica e la nonna materna vive a Genova.

I suoi genitori iniziano subito a spostarsi a causa della differenza di vedute rispetto ai luoghi dove stabilirsi: la madre cerca ambienti accademici con artisti e intellettuali con i quali confrontarsi; il padre preferisce gli spazi aperti, la solitudine, la natura e viaggia continuamente solo per accontentare la moglie.

Si stabiliscono a Parigi, dove iniziano a studiare pittura e scultura, ed è proprio lì che Freya nasce prematuramente. A distanza di un anno nasce Vera e, sempre per volere della madre, gli Stark si trasferiscono ad Asolo, luogo ideale per crescere i bambini, ambiente stimolante per gli artisti, con una natura meravigliosa e soprattutto vicino a Venezia, dove Herbert Young, pittore inglese e amico della coppia, ha acquistato una Villa dove Freya trascorre allegramente le sue giornate tra scampagnate, passeggiate e escursioni varie.

A causa della nascita prematura, Freya ha un’infanzia caratterizzata da lunghi periodi in cui è costretta a stare a letto ed è proprio in questi giorni che Freya scopre la sua passione per la lettura, soprattutto quando le viene regalata una copia delle Mille e una Notte che lei divora voracemente e che la fa innamorare perdutamente dell’Oriente.

Nonostante la vita a Asolo sia piacevole, i suoi genitori non vanno molto d’accordo e ben presto si trasferiscono in Inghilterra, dove le tensioni si acuiscono fino a portarli alla separazione e al ritorno in Italia della madre, insieme al nuovo compagno conosciuto a Londra, il conte italiano Mario di Roascio, e alle due bambine. Si stabiliscono a Dronero, in Piemonte, dove la madre decide di rilevare una fabbrica che produce tappeti e che però, a causa dell’investimento fatto, provoca un ridimensionamento del loro tenore di vita.

Freya e sua sorella Vera sono costrette ad occuparsi delle incombenze mentre la madre lavora in fabbrica e torna solamente la sera. Freya aspetta con ansia questo momento ma puntualmente la madre non ha mai tempo perché presa dalle discussioni con Mario relative a disegni, tinture e altri argomenti attinenti la fabbrica. Cresce abbastanza isolata con la sola compagnia di Vera e delle bambine che incontra a scuola, uniche loro conoscenze. I libri rappresentano per lei una via di fuga da tutto questo e un mondo nel quale rifugiarsi e sognare luoghi fantastici e meravigliosi. Inizia a studiare da sola il latino e detesta sempre più Mario che ritiene responsabile dell’allontanamento del padre.

Poco prima del suo tredicesimo compleanno, nel 1906, Freya si reca un giorno a visitare la fabbrica di tappeti e rimane affascinata da quei fili sottili e colorati che corrono veloci sulle nuove macchine e si trasformano in panni dai colori magnifici che vanno dal malva al verde, dall’ocra all’oro della sabbia del deserto. Ammira l’attività frenetica dei telai meccanici e mentre si avvicina per osservare meglio, una ciocca dei suoi lunghissimi capelli rimane impigliata nella macchina strappandole parte del cuoio capelluto, dell’orecchio, della palpebra e della pelle della tempia destra. Freya si salva ma viene sottoposta a un lunghi e complicati interventi chirurgici che non le restituiscono comunque l’aspetto che aveva prima e che la costringono a portare cappelli, turbanti e foulard per tutta la vita. Durante le lunghe convalescenze continua a consolarsi con i libri e i mondi che le aprono. Legge di tutto anche se ha una predilezione per Dumas e la lettura d’avventura. Poco dopo l’incidente, Freya e Vera insieme alla madre si trasferiscono a casa di Mario e così si trovano a vivere con un sostituto padre prepotente, autoritario e che proibisce alle due ragazze di uscire da sole senza il suo permesso.

Siamo all’inizio del ventesimo secolo e le donne iniziano a vestirsi con abiti più liberi e meno costrittivi, i capelli iniziano a portarsi corti e Freya non tollera più le privazioni che deve subire. Convince i genitori a farla iscrivere al Bedford College di Londra, dove si concentra sullo studio delle lingue, e successivamente alla School of Oriental and African Studies dove riceve le prime lezioni di arabo e persiano. A causa dello scoppio della prima guerra mondiale, la scuola chiude e Freya è costretta a tornare in Italia a casa della madre. Sua sorella nel frattempo ha sposato il suo patrigno e ha anche avuto un bambino, ma la depressione della quale soffre dopo il parto non la rende una persona felice.

L’aria asfissiante che si respira a casa, portano Freya a maturare l’idea di recarsi a Bologna dove vuole frequentare il corso da infermiera e dove conosce Guido Quirino Ruata, un medico batteriologico con il quale si trova spesso a lavorare e che le chiede di sposarlo. L’emozione è così forte che Freya inizia a fantasticare e a vedersi già lontana da Dronero a vivere nella casa che la madre ha arredato per loro. In questo periodo Freya è costretta da una terribile infezione a restare a letto per diverse settimane senza ricevere più così spesso notizie dal suo amato. Guido non ha il coraggio di dirle che non ha più intenzione di sposarla e così si limita a evitarla fino a quando, addolorata e delusa parte per Asolo per fare la convalescenza dovuta a un’infezione di tifo che era sopraggiunta nel frattempo. Da qui Freya si sposta a Londra a casa degli stessi amici che l’avevano ospitata la prima volta. Qui grazie alle conoscenze delle lingue, in particolare italiano, francese e tedesco, e al professor Kerr, che aveva conosciuto perché frequentava le sue lezioni, riesce a trovare lavoro presso l’Ufficio Censura prima e, appena conseguito il diploma, presso un ospedale londinese come infermiera. Da qui nel 1917 – siamo in piena prima guerra mondiale – viene trasferita in Italia presso la il Distaccamento Volontario di Soccorso della Croce Rossa Britannica, dove si occupa dei feriti sul fronte italiano che vengono portati dopo la disfatta di Caporetto.

Dopo l’armistizio, Freya vuole solo fuggire da una vita che scorre lenta e troppo opprimente, così convince la madre a trasferirsi sulla riviera ligure, in una baita circondata da giardini, vigneti e tanta terra che Freya inizia subito a coltivare facendone il suo orto e il suo giardino. Qui, in estate il professor Kerr si reca quasi ogni anno a trascorrere un periodo di vacanza e invita spesso Freya a fare delle scalate con lui esortandola a studiare lingue. Freya inizia così a studiare l’Arabo, memore anche dei sogni che aveva fatto leggendo Le Mille e una Notte e visitando con la fantasia quei luoghi meravigliosi; due volte la settimana, cammina per circa un’ora fino alla stazione dove prende il treno per Sanremo e poi, a piedi percorre altri tre chilometri fino al convento dove vive il suo insegnante, un monaco che ha vissuto molti anni a Beirut. Ha i viaggi nel sangue, sogna l’Oriente e il momento in cui sarà lì. Grazie a una serie di investimenti fatti e all’amico Herbert Young che le lascia la sua villa, Freya può finalmente iniziare a programmare il suo primo viaggio che da Venezia la porta a Beirut, destinazione giusta per iniziare una nuova vita.

Freya ha 34 anni ed è piena di dubbi ma ha la certezza che il viaggio che sta intraprendendo le aprirà la mente e le farà conoscere tradizioni e culture così diverse dalle sue, la sprona sempre più a intraprendere quest’avventura.

A Beirut trova la gente calda e accogliente e tutto ciò che le interessa è perfezionare il suo arabo e viaggiare per il gusto di farlo. Si reca in Iraq, che è un protettorato britannico e che di certo non rappresenta una meta usuale per gli occidentali, e da qui penetra in Siria, che era invece un protettorato francese e per nulla accogliente, tanto che Freya finisce in prigione perché viene scambiata per una spia. Questo episodio non dissuade Freya dal proseguire il suo viaggio e così decide di partire alla scoperta del popolo dei Drusi, che vivono in Siria, in compagnia della sua amica Venetia Buddicom che vive da qualche anno a Damasco.

Trascorrono sette mesi nel loro territorio dove hanno la possibilità di conoscere pienamente le loro tradizioni e soprattutto di poter parlare con donne e uomini drusi e dai quali apprende come il governo francese li tratta e impedisce loro di continuare a mantenere le loro tradizioni.

Di ritorno in Italia scrive un articolo a riguardo che viene pubblicato su un giornale inglese che propone a Freya una collaborazione per altri articoli. Ecco il motivo che aspettava per ripartire. E così si ritrova in men che non si dica a preparare il viaggio per Baghdad e poi da lì verso la Valle degli Assassini in Persia, dove si trovano le rovine della fortezza di Alamut, un luogo dove era vissuta dal 1090 al 1200 circa, una setta sciita nota con il nome «hashishiyyun» che significa «fumatori di hashish», noti per eliminare ogni oppositore al loro progetto di stato teocratico. Ma il suo intento è anche quello di correggere la mappa del percorso che le sembra inesatta anche perché nessun occidentale era mai arrivato fin li: ha solo alcune mappe abbozzate e le sue guide non avevano idea di dove si trovasse la fortezza.

Per dieci giorni cavalca a dorso di mulo, annota tutto ciò che vede e ogni angolo che visita, segna sulle mappe la collocazione corretta del sito e disegna la mappa di vari villaggi, oltre ad aver disseppellito tombe per scoprire se uomini e cavalli venivano sepolti insieme.

Di ritorno in Europa scrive La Valle degli Assassini, il libro che la fa conoscere al mondo dei viaggiatori ma anche a ambasciatori e intellettuali del tempo. Con i soldi che guadagna dal libro, decide di partire alla scoperta della rotta dei commercianti di incenso, della Regina di Saba e del suo regno che si dice essere nell’antica Shabwa (attuale Yemen) dove usa per la prima volta la macchina fotografica per documentare tutto ciò che vede.

Dopo aver viaggiato attraverso luoghi sconosciuti ai più, visitato harem, corretto mappe, parlato in arabo con le persone del posto, arriva a Shabwa dove si ammala gravemente e viene portata all’ospedale di Aden dalla British Royal Force. Durante la sua convalescenza scrive Le porte dell’Arabia il cui successo le vale la Mungo Park Medal da parte della Royal Scottish Geographical Society che finanzia il suo prossimo viaggio, insieme all’archeologa Gertrude Caton Thompson e alla geologa Elinor Gardner e che le porta ad Hadhramaut alla ricerca di possibili relazioni tra i romani e gli africani. Al suo rientro in Europa Freya decide di fermarsi a Londra dove inizia a lavorare per il Ministero dell’Informazione.

Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, Freya viene mandata in Yemen ed Egitto per conto del Middle East Intelligence Service al fine di condurre un’ampia ed efficace propaganda che contrasti le mire espansionistiche dei fascisti italiani e impedire allo Yemen di schierarsi con la causa nazista e restare neutrale. Riesce nel suo intento e promuove anche la fondazione della Fratellanza della Libertà, un’organizzazione di supporto agli alleati nei paesi arabi con l’obiettivo di dissuadere questi paesi dall’entrare in guerra a favore dell’asse nazi-fascista. Per il governo italiano ormai è una spia inglese e quindi nemica del regime.

Nell’estate del 1940 vengono arrestati sua madre e il loro amico Herbert Young, i quali vengono prelevati da Villa Freya e condotti in carcere a Treviso accusati di collaborare con la spia Freya Stark. Grazie alle conoscenze della madre vengono scarcerati e mandati a vivere in un villaggio dove sono costantemente sotto sorveglianza.

Ad Aden Freya conosce il diplomatico inglese Stewart Perowne, studioso di arte greco-romana, viaggiatore e da poco membro del corpo diplomatico. Con lui condivide interessi e sogni fino a sposarlo nell’autunno del 1947 all’età di 56 anni, perplessa ma felice. Ben presto si rende conto che con Stewart è possibile avere solo un bel rapporto di amicizia a causa della sua omosessualità, che lui le ha nascosto anche per tutelare la sua carriera e che considera un inferno. Per un pò questa intesa continua tra Cirenaica, Barbados e altre destinazioni a cui Stewart viene assegnato, ma ben presto Freya si stanca e decide di separarsi ricominciando a viaggiare perché quando sei confusa, stai male, non sai cosa e come fare, viaggiare è l’unica cosa che puoi fare ed è l’unica cosa da fare per sfuggire al dolore. Con questi pensieri Freya riparte.

Ha quasi 60 anni quando parte per la Grecia, la Turchia e la Siria e ogni esperienza di viaggio viene riportata nei libri che scrive ogni volta che ritorna nella sua casa di Asolo. Viene anche insignita del titolo di Commander of the British Empire che le permette di viaggiare in Siria, Libano, Iran, Kenya e altri paesi orientali. Ha 70 anni quando visita la Cina e 76 quando intraprende un tour in alcune delle aree più remote dell’Afganistan.

L’ultimo viaggio che intraprende, all’età di 90 anni, è l’Himalaya dove a dorso di mulo perlustra in lungo e in largo l’intera area girando un documentario per la BBC. La “nomade passionale”, vive fino all’età di 100 anni e muore in una casa che prende in affitto, dopo aver venduto Villa Freya, perché come scrisse in uno dei suoi libri: “I beduini non hanno una casa ma una tenda, la loro casa è solo la loro tomba.” E lei sceglie Asolo come sua casa perché come diceva “… non vivere in Italia è da pazzi.

Se ci pensiamo bene Freya può essere considerata la pioniera, in anticipo sui tempi, di un genere letterario che viene definito “travel writing” in cui i viaggi sono raccontati come esperienze personali e mistiche.

Donna con spirito d’iniziativa, desiderosa di conoscere luoghi inesplorati, anticonformista, coraggiosa e straordinariamente ricca di aspirazioni. I taccuini ritrovati dimostrano un talento innato nel documentare, scrivendo e disegnando accuratamente, sensazioni nell’intraprendere un viaggio, popoli e costumi, volti e luoghi visitati consapevole che nessun viaggiatore ha mai la certezza di rivedere lo stesso scenario due volte.

Il suo status di donna non l’agevola nel suo percorso ma il suo coraggio e la sua tenacia la portano a viaggiare in luoghi dove pochi erano mai stati prima, affrontando molteplici situazioni intricate diventando però la più grande esploratrice del ventesimo secolo, modello per tutte quelle donne che non si vogliono accontentare e che desiderano intraprendere un viaggio da sole ma non trovano mai il coraggio di farlo.