In Germania, , ccome accennato nell’articolo precedente, qualcuno cercava di far rivivere la scrittura gotica, in particolare la Fraktur, con la quale venivano stampati giornali e proclami del Partito Nazionalsocialista tedesco, perchè ritenuta elegante, solenne e vero patrimonio della cultura tedesca. Per realizzare la copertina del libro di memorie di Hitler del 1924 – Mein Kampf – venne usato un carattere Fraktur disegnato a mano; questo carattere era impiegato anche per stilare documenti e intestare la carta, oltre a essere ampiamente usato dagli ufficiali nazisti Nel 1941, quando si iniziò a insinuare il sospetto che la scrittura gotica in tutte le sue varianti avesse una radice ebraica, la Fraktur venne vietata dal regime nazista a favore dell’Antiqua usata ancora oggi.
Nell’estate del 1945 Vanner Bush, scienziato che tra le altre cose aveva coordinato la ricerca di molti scienziati durante il periodo bellico, si stava concentrando sullo sviluppo di macchine per rendere automatici alcuni processi lavorativi tra cui l’archiviazione dei documenti. La sua idea era quella di realizzare un selettore rapido in grado di archiviare grandi mole di informazioni su microfilm che potevano poi essere selezionati dall’utente e proiettati su schermo. La macchina che ideò fu chiamata Memex ed era un dispositivo in cui ogni individuo poteva memorizzare libri, comunicazioni, documenti. Era meccanizzata in modo da poter essere consultata con velocità e flessibilità. Rappresentava un dispositivo di archiviazione e recupero di dati, costituito da schermi di visualizzazione, tastiera, pulsanti e leve di selezione e archiviazione dei microfilm. Memex permetteva quindi la creazione di percorsi associativi tra i documenti, di blocchi di testo uniti da collegamenti. Nel nostro linguaggio moderno potremmo parlare di ipertesto.
L’appello di Bush all’azione, per rendere la conoscenza ampiamente disponibile, fu colto da Douglas Engelbert, ingegnere e inventore che aveva lavorato come tecnico radar per l’aeronautica militare e che con le conoscenze che aveva iniziò a pensare a un sistema che mettesse in comunicazione le persone, ma anche che permettesse loro di condividere e aggiornare informazioni in tempo reale. Bisognava sfruttare l’intelletto della collettività per risolvere insieme problemi rilevanti e in maniera più potente. Basandosi sulle conoscenze sviluppate in marina, pensò che lo schermo che usava sarebbe potuto servire da display per una postazione di lavoro, che avrebbe organizzato tutte le informazioni e le comunicazioni grazie anche a un puntatore grazie al quale si aveva un controllo del sistema informatico. Il primo puntatore (mouse) era un enorme dispositivo al cui interno erano collocati due potenziometri perpendicolari tra di loro e collegati a loro volta a due ruote, che si muovevano una in orizzontale e una in verticale, collegate al computer tramite dei fili e che riuscivano a consentire la visualizzazione sul display. Nel 1967 il laboratorio di Engelbert divenne il secondo sito della ARPANET (agenzia governativa statunitense creata per facilitare la ricerca tecnologica per eventuali applicazioni militari) che sarebbe diventato il precursore di Internet.
Nel 1970 nasce il PARC, la seconda divisione di ricerca scientifica e tecnologica della XEROX con una comprovata esperienza nelle tecniche di documentazione e fotocopiatura. Due anni dopo, nella sua sede di Palo Alto, viene realizzato per la prima volta un computer in grado di essere collegato in rete con altri computer. Venne chiamato ALTO ed era in grado di supportare un programma di gestione interattiva di testi, permettendo di sperimentare in tempo reale documenti, disegni, comunicazioni, musica. Il computer era dotato di interfaccia grafica, collegamento ethernet, tastiera alfanumerica, mouse a tre pulsanti, un tastierino a cinque pulsanti, che veniva usato insieme al mouse e per scrivere le lettere dell’alfabeto usando una sola mano, uno schermo monocromatico verticale. Nel 1979 Steve Jobs visita il PARC e rimane affascinato dalla tecnologia impiegata e soprattutto dall’interfaccia grafica di ALTO. Propone alla Xerox di acquistare un certo numero di azioni della sua nascente società in cambio della visione dei progetti della Xerox e dell’accesso alle sue stanze segrete. Da questo scambio nacquero tutti i prodotti della Apple e successivamente della Microsoft.
L’interfaccia utente adottata dalla Apple permise un perfezionamento dell’esperienza visiva sullo schermo: i caratteri adottati non erano particolarmente elaborati ma permettevano l’uso di una vasta gamma; la spaziatura tra le lettera era proporzionata; era possibile implementare strumenti d’impaginazione e di design. Nel1983 Adobe aveva sviluppato un linguaggio di programmazione (Post Script) capace di descrivere il contenuto di una pagina cartacea e nel 1993 introdusse il PDF, un formato di documento trasferibile che poteva essere visualizzato sia da sistemi Apple che Microsoft e che possedeva modalità di sicurezza per proteggere il documento da modifiche non autorizzate. Il documento digitale diventava una realtà.
Questo processo tecnologico fece emergere l’annullamento di qualsiasi forma di interazione umana diretta a favore di un risparmio di tempo e di impegno. Mentre i sistemi tecnologici seguivano una logica lineare, la stessa cosa non si poteva dire per il comportamento umano. Secondo gli insegnamenti di Jean Piaget, proseguiti poi con i suoi allievi, l’alfabetizzazione doveva essere intesa come un processo che inizia da bambini e prosegue da adulti, progredendo ogni volta che ci si trova di fronte a forme testuali mai incontrate prima. Veniva sottolineato che più i bambini sperimentavano interazioni complesse ed articolate, più imparavano concetti e parole, per questo l’apprendimento migliorava se l’insegnamento della scrittura veniva fatto in contemporanea a quello della scrittura. In questo modo la scrittura divenne una disciplina più flessibile e meno impositiva; la calligrafia rispecchiava la personalità dello scrivano; si cominciò a dare più spazio agli esercizi intesi in maniera da sviluppare la creatività di chi scriveva. Nuovi strumenti entrano nel corredo scolastico come la prima penna a sfera o i pennarelli a fibra con la punta in feltro che ancora oggi vengono utilizzati.
Intorno alla fine degli anni sessanta la scrittura inizia a essere utilizzata come strumento di protesta. A New York nasce il graffitismo come espressione della cultura hip-hop, inteso come evoluzione e studio della lettera che definisce un mondo a se stante comprensibile solo da chi ne fa parte. I graffiti, pertanto, rappresentano dei codici e vengono utilizzati come forma di comunicazione e di identificazione. Nascono da un’evoluzione del lettering con l’aggiunta di eventuali elementi figurativi e hanno come caratteristica l’irripetibilità e l’unicità oltre al rischio di esecuzione. Anche questo tipo di scrittura come quella geroglifica o cuneiforme ha a che fare con il segno che diventa forza di esprimere pubblicamente identità e punti di vista differenti sulla realtà. Rappresentano la pulsione umana contraria a ogni forma di servilismo verso un’ordine costituito e verso gli interessi capitalistici che lo fanno muovere. La scrittura, attraverso i colori, le variazioni stilistiche nella forma delle lettere, che vanno dal tondo al corsivo, diventa un’evoluzione costante. Una scritta può durare a lungo e a volte sopravvive allo stesso autore. Può raggiungere lunghe distanze e altri paesi, può essere realizzata in collaborazione con altri graffitisti e essere lunghissima, rivisitata con l’aggiunta di immagini, disposta secondo un senso oppure in disordine. Guardando un graffito quello che noto ogni volta è un piroettante movimento di lettere che si allungano e si contraggono, a volte sembra rallentino altre volte sembra stiano inseguendo dei pensieri. Se li guardo dal finestrino di un treno mi sembra di correre in una metropoli di lettere dove la gioia della scrittura può diventare denuncia. Della scrittura ha adottato alcune caratteristiche: la capacità di definire le cose, il piacere fisico, mentale e vitale del movimento espressivo concreto e il senso del rischio insito nell’atto di scrivere.
Nello stesso periodo in cui il graffitismo allargava i propri orizzonti e iniziava a espandersi in altri paesi compresi quelli europei, altri mezzi di comunicazione iniziavano ad affermarsi, prima fra tutte la posta elettronica. Pensata come strumento di interscambio interno di messaggi su un computer, venne affinata in modo da diventare una modalità di comunicazione in grado di permettere lo scambio di messaggi, sfruttando la rete telefonica, tra computer posti in luoghi diversi. Questa nuova tecnologia, insieme ai computer e alle stampanti hanno rivoluzionato la produzione e l’archiviazione di dati di ogni genere documenti compresi. La logica assolutamente democratica che vi è dietro è che una volta che un certo documento o un video o altro contenuto, viene messo a disposizione, questo dovrebbe essere accessibile a tutti con qualsiasi computer e in qualsiasi parte del mondo, tramite un collegamento a quel contenuto. Tecnicamente ogni documento aveva un suo indirizzo che ne permetteva l’identificazione da parte del computer (URL – Universal Resource Locator) e che poteva ricordare il numero dello scaffale dove era situato il materiale cercato all’interno di una biblioteca; in seguito venne sviluppato un sistema di trasferimento ipertestuale (HTTP – HyperText Transfer Protocol), nella realtà la domanda in forma scritta fatta al bibliotecario di recuperare il materiale richiesto; infine venne creato un linguaggio di marcatura (HTML – Hypertext Mark-Up Language), ossia un linguaggio per “spiegare” al computer cosa si voleva visualizzare ossia tutto ciò che componeva una pagina (testi, immagini, ecc..). Il 6 agosto 1991 viene annunciata la nascita del World Wide Web che diventerà nel 1993, grazie al CERN, accessibile a tutti gratuitamente. Sempre nel 1993 vengono adottati i sistemi di messagistica breve (SMS) che cambiano ulteriormente il sistema di scambio di informazioni.
La scrittura cambia così a seconda del contesto sociale, economico, geografico, politico. La sua antica funzione rimane però invariata. Continua a essere lo strumento attraverso il quale si inglobano conoscenze che possiamo ritrovare nelle pagine di un libro che è stato realizzato seguendo delle precise regole di estetica, utilizzando materiali dei quali è possibile constatarne la consistenza e la qualità, arricchito spesso di illustrazioni che danno soddisfazione a tutti i nostri sensi. Quando una penna parte all’azione, libera la gioia della scrittura, apre un cammino fatto di esplorazione e scoperta, rende più consapevoli, eleva la percezione della vita, risponde al bisogno di sentirci coinvolti perchè attraverso di essa si possono esprimere pensieri, sensazioni, dolori e altri sentimenti che fanno parte del vissuto.
Concludo questo scritto con una frase di Simone de Beauvoir, mia autrice del cuore:
«[…] Scrivere, pertanto, è un’attività complessa: è, insieme, preferire l’immaginario e voler comunicare; in queste due scelte si manifestano tendenze assai diverse e a prima vista contrastanti. Per pretendere di sostituire un universo inventato al mondo esistente, bisogna rifiutare aggressivamente quest’ultimo: chiunque vi stia dentro come un pesce nell’acqua e pensi che tutto va bene, non si metterà certo a scrivere. Ma il desiderio di comunicazione presuppone che ci si interessi agli altri; anche se nel rapporto dello scrittore con l’umanità entra dell’inimicizia e del disprezzo.»