MARIE GOUZE (OLYMPE DE GOUGES)
(Montauban 7 maggio 1748 – Parigi 3 novembre 1793)
Femminista ante litteram, scrittrice di opere teatrali e questioni sociali, promotrice e sostenitrice di riforme radicali, contraria a ogni forma di oppressione, ha cercato attraverso le sue opere e i suoi articoli, di sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo della donna e cercando di inculcare nella mente del popolo, ma soprattutto delle donne, idee democratiche di solidarietà e uguaglianza. Reclamò l’istruzione per le ragazze, la fine dei matrimoni imposti, del la monacazione forzata e il divorzio.
La madre di Marie è Anne Olympe Mouisset, figlia di un avvocato e appartenente all piccola borghesia, sposata con Pierre Gouze, macellaio. La paternità di Marie è incerta, si pensa che il suo padre naturale sia il suo padrino, Jean-Jacques Le Franc De Caix marchese di Pompignan, poeta e autore di talento di varie opere e scritti teatrali, al quale la madre non permetterà mai di occuparsi della bambina e della sua educazione.
All’età di sedici anni, Marie viene fatta sposare con un grosso cliente del padre, Louis-Yves Aubry, di quasi trentanni più vecchio di lei e che definirà grezzo, ignorante e ripugnante. Il matrimonio dura solo un anno, il marito muore lasciandola vedova e con un bambino, Pierre, da accudire. Questa situazione spinge Marie a decidere cosa fare e a farle prendere consapevolezza che la vita di provincia non è adatta a lei.
Nel 1770 si trasferisce a casa della sorella, a Parigi e qui decide che sia necessario per lei informarsi e arricchirsi culturalmente. Decide di cambiare nome scegliendo di chiamarsi Olympe de Gouges e intesse una lunga relazione con Jacques Bietrix de Rozières, funzionario della marina, il quale nonostante lei rifiuti le innumerevoli proposte di matrimonio, decide di versarle una rendita annua grazie alla quale Olympre mantiene se e suo figlio nonché di provvedere alla sua educazione.
Frequenta circoli culturali, salotti di scrittori e poeti e proprio questi ambienti faranno nascere in Olympe il desiderio di porre fine alla sua istruzione lacunosa e di bassa qualità, mettendosi a leggere e a scrivere con passione e dedizione. Si appassiona al teatro tanto da iniziare a comporre opere basate sulle sue idee, fomentando ancora di più le dicerie che sostenevano fosse una cortigiana perchè non era sposata e frequentava salotti maschili ma soprattutto aveva la pretesa di pubblicare le sue opere, quando nel periodo di cui parliamo, una donna poteva pubblicare scritti di qualsiasi genere solo con il permesso del marito.
Alla fine del 1778 incontra Louis-Sèbastien Mercier che diventerà il suo mentore nonché maestro di letteratura e insegnante sociale che credeva che il ruolo dei letterati era lottare contro il dispotismo. Con questa idea spinge Olympe a scrivere e a correggere i suoi scritti. Dal canto suo Olympe frequenta musei, mostre di pittura, legge molto, si interessa di molti argomenti con un’avidità tale da dare l’idea che debba recuperare il tempo perduto.
Nei circoli che frequenta, conosce la marchesa di Montessan grazie alla quale si propone come autrice alla Comedie Francaise. L’unico testo teatrale ad arrivare sul palco è Zamore e Mirza o il naufragio felice, opera di chiara critica al colonialismo e alla schiavitù, che rappresentato nel 1792 provocò reazioni scandalizzate nel pubblico tanto da provocare il ritiro dell’opera dal repertorio teatrale e il rischio di arresto per Olympe.
Politicamente era vicina ai Girondini, auspicava una monarchia costituzionale e la fine dei privilegi dei nobili e degli abusi della monarchia, ma era contraria alla rivoluzione popolare e odiava Marat, Robespierre e Danton.
Olympe sente la necessità di occuparsi della condizione misera e abbandonata della donna a cui non viene data importanza e decide di pubblicare a sue spese articoli nei quali chiede: la creazione di una sorta di reparti di maternità, nei quali le donne possano ricevere cure e partorire nella dignità e nell’igiene; che vengano costruite fabbriche appatenenti allo stato per gli operai senza lavoro; che vengano attuate politiche di assistenza sociale attraverso la creazione di asili per gli orfani, aiuti per le mamme singole, ricoveri per gli anziani indigenti; che venga istituzionalizzato il divorzio. Si oppone alla prigione per debiti e alla vita monacale forzata per le ragazze che non avevano dote e nel 1791 pubblica la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, nella quale sostiene che debba essere riconosciuto il ruolo della donna come cittadina e che a lei devono essere destinate tutte le libertà civiche al pari degli uomini. Negli articoli che compongono la Dichiarazione, elenca con precisione quali siano i diritti della donna e della cittadina: il principio della libertà, dell’uguaglianza e della proprietà privata; il diritto di partecipare alla vita politica pubblica; il diritto di rappresentanza. Olympe desidera che la donna abbia gli stessi diritti e sia sottoposta alle stesse leggi dell’uomo, facendola emergere dalla prospettiva maschilista che considera la donna capace solo di fare la moglie, la madre e di non essere in grado di prendere decisioni. Sostiene che ognuno deve essere libero di amare e che i figli nati al di fuori del matrimonio, devono avere gli stessi riconoscimenti dei figli leggittimi. Reclama il diritto dei figli di scegliere fra il cognome del padre e quello della madre, rivendicando in tal modo la discendenza femminile sull’asse ereditario. Lancia un’appello per l’abolizione del matrimonio religioso vore di un contratto sociale tra uomo e donna che si impegnano a gestire in maniera equa il patrimonio familiare. Rivendica il diritto di proprietà della donna indipendentemente dallo stato coniugale senza dimenticare di dedicare una riflessione sulla necessità di avere una parità di trattamento salariale nelle diverse mansioni lavorative.
La Dichiarazione fu contestata da molti, soprattutto donne, che ritenevano scandalose le sue teorie.
Dopo la Rivoluzione, nel 1792, viene proclamata la Repubblica e ha inizio il processo a Luigi XVI, che Olympe non aveva mai smesso di sostenere e che continuerà ad appoggiare insieme ai Girondini. La sua posizione a favore di una monarchia costituzionale non le risparmierà molestie ed aggressioni per cercare di metterla a tacere. Viene accusata di essere filomonarchica, opinione alla quale Olympe controbbatte pubblicando Le tre urne, manifesto che fa affiggere e nel quale invoca un referendum per far diventare la Francia una repubblica federale o una monarchia costituzionale, attraverso il voto popolare dei cittadini. Consapevole dei rischi a cui andrà incontro, denuncia pubblicamente le posizioni estremiste del nuovo governo, stampando degli opuscoli contro Marat che definisce “l’aborto dell’umanità” e Robespierre tacciato di essere “l’obbrobbrio e la dissacrazione della rivoluzione”.
Nel 1793 con la caduta dei Girondini, si apre un periodo noto come Regime del Terrore, caratterizzato da un elevato numero di condanne a morte e una forte repressione. Olympe viene arrestata e incarcerata; processata presso il Tribunale rivoluzionario, senza neanche un avvocato difensore e con un processo farsa, viene condannata per tradimento e ghigliottinata il 3 novembre.