"La scrittura esige virtù scoraggianti, sforzi, pazienza: è un'attività solitaria in cui il pubblico esiste solo come speranza" - Simone De Beauvoir
MUJERES LIBRES

MUJERES LIBRES

MUJERES LIBRES (Spagna 1936 – 1939)

Questa è la storia di un gruppo di donne spagnole, anarchiche, indomite, lungimiranti e libere. Donne che erano intenzionate a cambiare il mondo rendendolo un posto uguale per tutti. Mujeres che hanno imbracciato il fucile della cultura, rivendicando l’uguaglianza di genere in un tempo in cui, la donna era ancora profondamente oppressa.

Mujeres Libres, questo è il nome che hanno pensato le donne fondatrici, nasce a livello embrionale tra il 1933 e il 1934 a Madrid, ma si struttura come entità nella primavera del 1936, ad opera di tre donne:

Mercè Comaposada

Mercè Comaposada i Guillén (Barcellona, 14 agosto 1901 – Parigi, 11 febbraio 1994), figlia di socialisti, si inizia ad interessare sin da piccola alla lotta sociale, iniziando a lavorare in tenera età come montatrice cinematografica e affiliandosi al Sindicato de Espectàculos Públicos appartenente alla Confederación Nacional de Trabajo (CNT), confederazione di sindacati anarchici spagnoli. Nel 1916 si trasferisce a Madrid per studiare legge e diventare avvocata. Le esperienze universitarie unite a quelle sindacali, alquanto difficili nei rapporti con gli uomini, svilupparono in Mercè una particolare sensibilità per l’emancipazione e l’educazione delle donne.

Lucía Sanchez Saornil

Lucía Sanchez Saornil (Madrid, 13 dicembre 1895 – Valencia, 2 giugno 1970), impiegata ella società telefonica madrilena, inizia a militare nel CNT nel 1929 prima a Madrid e poi a Barcellona. Poeta e scrittrice, collabora a molte riviste anarcosindacaliste pubblicando le sue poesie ma soprattutto, scrivendo articoli nei quali, partendo da un’analisi storica della condizione femminile, analizzando il loro ruolo all’interno della famiglia, nei luoghi di lavoro, nel sindacato e negli altri luoghi dove il movimento anarchico era presente, e denunciando il doppio sfruttamento a cui erano sottoposte: da un lato quello del sistema capitalista e dall’altro quello del sistema patriarcale.

Amparo Poch

Amparo Poch y Gascón (Saragozza, 15 ottobre 1902 – Tolosa, 1968), prima donna medico in Spagna, si impegno a scrivere un libro nel quale forniva informazioni scientifiche sulla fisiologia femminile, il concepimento, la fase puberale, le malattie veneree, al fine di fornire uno strumento alle donne nella conoscenza di loro stesse e della propria sessualità Rivendicò il diritto del donne al piacere e denunciò l’assurdità del valore sociale della verginità; evidenziò il legame che esisteva tra morale borghese, prostituzione e malattie veneree, dedicandosi alla divulgazione scientifica pubblicando articoli anche sulle pagine della rivista della CNT nella quale militava.

Mercè e Lucía si incontrano ai corsi di istruzione elementare per operaie ed operai organizzati e frequentati alla Federación Local de Sindicatos della CNT di Madrid. L’atteggiamento misogino con il quale si scontrarono fece venir loro l’idea di separare le donne nei corsi, con anche l’intento di sensibilizzarle nei confronti delle loro iniziative e magari coinvolgerle nelle loro attività. A Mercè e Lucía si aggiunse ben presto anche Amparo che, vista la sua esperienza, si impegnò soprattutto sull’educazione e la liberazione sessuale che cercò di trasmettere alle altre donne.

Nello stesso periodo a Barcellona il Grupo Cultural Femenino della CNT, stava portando avanti un programma simile all’interno del sindacato, nato dalla constatazione che esisteva un notevole divario tra l’impegno politico delle donne e la loro forza nelle fasi di conflitto, e la loro assoluta impossibilità a farsi valere nei momenti formativi e in quelli decisionali. In tutte le fasi del movimento anarchico le donne si sono distinte: nell’illegalità del movimento, durante gli scontri, quando si svolgevano gli scioperi generali, le donne hanno sempre partecipato, anche se non riconosciute, come lavoratrici e come casalinghe. Proprio questa loro invisibilità all’interno del movimento, spinge le donne catalane ad avviare un forte lavoro di propaganda con incontri, conferenze, dibattiti, distribuzione di volantini e, cosa molto utile, organizzazione di asili a domicilio per quelle donne che volevano partecipare alle riunioni del gruppo ma non lo potevano fare a causa dei bambini che avevano e non potevano portare con loro.

Nel 1936 il gruppo di Barcellona e quello di Madrid si fondono iniziando da subito a lavorare per propagandare e sostenere la partecipazione politica delle donne, per la loro educazione ed emancipazione. Obiettivo comune è preparare le donne su ogni piano perché potessero partecipare realmente alla lotta politica in una logica di uguaglianza con gli uomini.

Aderente pienamente all’ideologia dell’anarchismo, Mujeres Libres riteneva che l’emancipazione delle donne avesse senso solo se anche la società si trasformava e portava a compimento una rivoluzione che avrebbe condotto a un comunismo libertario. Mujeres Libres si era strutturata a partire dal riconoscimento che l’uguaglianza tra l’uomo e la donna doveva essere il risultato di azioni volte a rendere questa uguaglianza reale e concreta e non solo formale. Non bisogna dimenticare che il gruppo si muove negli ambiti anarchici il cui obiettivo finale è una totale emancipazione delle donne e degli uomini in piena libertà rendendo possibile lo sviluppo delle singole personalità. La società che volevano costruire non aveva organizzazioni gerarchiche ma era basata sul collettivismo, il comunismo e la libertà individuale. Questo si poteva ottenere solo abolendo lo Stato e il sistema di produzione capitalista, in quanto fondato su relazioni di dominio e subordinazione. Il movimento anarchico, che ebbe sempre uno straordinario interesse per il problema della subordinazione delle donne, si rese così conto che l’ambito lavorativo non era l’unico spazio nel quale si espletavano rapporti di potere e oppressione, ma che anche l’ambito familiare e tutto ciò che concerne le relazioni personali, era soggetto alle stesse dinamiche. Nonostante questa sensibilità nel movimento le aspettative femminili furono messe in secondo piano.

Queste posizioni eterogenee e divergenti ma anche ambivalenti e contradditorie, resero necessari programmi diversificati a livello educativo, di preparazione e inserimento nel lavoro retribuito e qualificato e infine nella lotta sociale. Solo attraverso un lavoro autonomo e separato, le donne si potevano vedere come soggetti politici capaci e di pari valore pur nella loro specificità. Lo scontro vero e proprio, tra le aspettative sul ruolo e lo spazio per le donne all’interno del movimento e la singolarità di Mujeres Libres, maturò nel 1938 quando il Plano Nacional de Regionales del Movimento Libertario, che ospitava delegate e delegati della CNT, della Federación Anarchica Ibérica (FAI) e della Federación Ibérica de Juventudes Libertarias (FIJL), respinse la loro richiesta di autonomia e di partecipazione politica paritaria al progetto anarchico, sostendendo che non vi era compatibilità tra la filosofia anarchica libertaria, che sosteneva l’uguaglianza tra i sessi, e un gruppo formato da sole donne.

Il riconoscimento della relazione esistente tra subalternità economica, culturale, psicologica e sessuale era la spina dorsale del progetto di emancipazione di Mujeres Libres. Pertanto i programmi che si facevano investivano diversi ambiti: l’istruzione, necessaria e utile ma non sufficiente se non abbinata al lavoro e che avrebbe dato alla donna la possibilità di sollevarsi dalla posizione di fragilità in cui si trovava e che, a volte, la portava a soccombere alla prepotenza sessuale; i programmi educativi, che dovevano essere diversificati e che dovevano mirare a una presa di coscienza individuale e collettiva che avrebbe dovuto portare le donne alla liberazione dalla schiavitù dell’ignoranza, come donna e come lavoratrice; il raggiungimento delle donne nei luoghi della loro quotidianità, nelle campagne, nelle fabbriche, nelle sedi dei sindacati, nelle famiglie. Cultura, lavoro e attività politica, erano gli aspetti di un percorso che avrebbe dovuto portare a uno sviluppo delle diverse personalità, ad un’acquisizione di competenze, ad una partecipazione responsabile nel progetto collettivo che è volto a intraprendere una trasformazione rivoluzionaria.

Rivista Mujeres Libres

Raggiungere le donne, quindi, diventava una delle prime cose da fare. Una rivista poteva rappresentare un’utile strumento e per questa ragione nel 1936 Mujeres Libres iniziò la pubblicazione della rivista del gruppo che decisero di chiamare come loro. Prima a Madrid e poi a Barcellona, dove si era trasferita durante la guerra, Mujeres Libres accoglieva articoli scritti solo da donne e stringeva collaborazioni anche con giornaliste non proprio dell’area anarchica. Gli argomenti trattati erano di vario genere scritti proprio nell’intento di trasformare la rivista anche in uno strumento sia di formazione che di informazione e propaganda delle attività del gruppo. La rivista sperava di raggiungere un vasto pubblico di lavoratrici, anche se poco scolarizzate e che non necessariamente svolgevano già attività politica. Il linguaggio usato era semplice e gli articoli spesso erano corredati di immagini, illustrazioni e una grafica che erano accattivanti e comunicativi. Si potevano trovare articoli che facevano un’analisi accurata della situazione politica interna ma anche internazionale, di cultura ma anche di pedagogia e temi legati alla vita familiare quali come prendersi cura dei bambini o della casa sempre però con un taglio di critica sociale. Largo spazio fu dedicato alla società in guerra attraverso la pubblicazione periodica di relazioni dal fronte, racconti di vita quotidiana nelle città e nelle campagne, inviti alla solidarietà attiva sia nazionale che internazionale, commemorazione delle vittime di guerra. A volte venivano pubblicati articoli su anarchiche famose che erano attive a livello nazionale e internazionale come, per esempio la comandante Mika Etchebéhère, militante e comandane dell’esercito repubblicano. Nelle pagine di Mujeres Libres ricorre spesso il concetto di “guerra pacifista”, una guerra cioè giustificabile in quanto combattuta per difendere gli interessi del proletariato, dei lavoratori e delle lavoratrici contro il sistema capitalista e gli interessi di classe, la libertà contro la dittatura fascista. Tutto questo si traduceva nel rifiuto di luoghi comuni sessisti che spesso si nascondevano nella propaganda di guerra antifascista. La rivista pubblicò durante la sua vita 13 numeri.

Nell’anarchismo esiste una chiara consapevolezza delle implicazioni politiche sia della sfera personale che di quella sessuale. Il cambiamento della vita sessuale e di quella familiare erano essenziali per il processo rivoluzionario. Nel discorso anarchico, l’ambito politico e quello sessuale erano strettamente connesse perché le relazioni nel privato erano ritenute la base del cambiamento sociale. Per questa ragione la famiglia tradizionale, fondata su gerarchie e autorità, era da considerarsi un’istituzione antirivoluzionaria legata alla proprietà privata e al capitalismo.

La posizione di Mujeres Libres, sebbene partisse dagli stessi concetti, ampliava il discorso ribadendo che la liberazione sessuale delle donne sarebbe stata possibile solo se parallelamente si otteneva indipendenza economica, culturale e politica. Proprio in quest’ottica trova spazio la lotta alla prostituzione e una forte critica alla morale sessuale vigente vista come espressione di una società basata sullo sfruttamento di una classe sociale sull’altra e, contemporaneamente, di un sesso sull’altro. La prostituzione, pertanto, poteva essere combattuta solo attraverso l’emancipazione economica, l’acquisizione di responsabilità e la consapevolezza dei propri diritti e doveri. Per prima cosa si iniziarono a promuovere i i corsi di Mujeres Libres nel quartiere della prostituzione di Barcellona, con l’obiettivo di spingere le donne a istruirsi e apprendere nuove competenze professionali. Vennero create strutture in cui le prostitute potevano usufruire di assistenza sanitaria, formazione professionale e, se possibile, aiuti materiali per poter iniziare una nuova vita.

Federica Montseny

Il progetto fu possibile grazie alla collaborazione con il Ministero della sanità che in quel periodo era guidato da Federica Montseny (Madrid, 12 febbraio 1905 – Tolosa, 14 gennaio 1994), figura rilevante dell’anarchismo spagnolo che iniziò da giovanissima la carriera di pubblicista, per poi avvicinarsi al giornalismo e iniziare a scrivere articoli incentrati sulla questione femminile, rifiutandosi sempre però di affrontare tale questione separatamente dall’emancipazione dell’umanità. Coerentemente con le posizioni anarchiche, non vide mai di buon grado l’esigenza di organizzazioni femminili separate sostenendo che il problema era esclusivamente culturale e individuale. Di fatto non entrò mai a far parte di Mujeres Libres ma sostenne sempre progetti specifici accogliendo finanche Amparo Poch y Gascón nel gruppo di collaboratrici del suo Ministero affidandole il settore dell’Assistenza sociale.

C’era un altro aspetto che doveva guidare la riforma sociale ed era quello di «maternità consapevole», che comportava il riconoscimento dei diritti di riproduzione delle donne e la netta separazione tra attività sessuale e procreazione. Maternità consapevole significava liberazione delle donne attraverso la limitazione delle nascite e l’uso di sistemi contraccettivi, cosa che Amparo Poch y Gascón cercò di incentivare, per esempio, promuovendo l’utilizzo del metodo contraccettivo Ogino-Knaus come sistema per prevenire maternità indesiderate, e indicò alle ragazze sistemi per prevenire malattie veneree.

Andavano però aiutate anche le donne singole che avevano scelto di diventare madri e in questo percorso Mujeres Libres, decise di non lasciarle sole avviando all’interno della Casa Provinciale di maternità un progetto che tra altre cose forniva informazioni di puericultura ed educazione sanitaria. I laboratori di «maternità consapevole» fornirono utili strumenti per diventare madri rivoluzionarie, in grado di creare modelli familiari fondati su valori libertari, in contrapposizione con i modelli di famiglia tradizionali ritenuti negativi e antirivoluzionari. Questi laboratori furono promossi soprattutto da Áurea Cuadrado Castillón (Ontineña, 23 agosto 1894 – Mallorca 18 dicembre 1969), direttrice dall’agosto del 1936, che aveva contribuito alla nascita di Mujeres Libres e che quindi aveva particolarmente a cuore l’educazione delle donne. Il suo lavoro fu molto apprezzato da Emma Goldman che ebbe modo di visitare la Casa Provinciale di maternità durante un suo viaggio in Spagna.

All’interno di Mujeres Libres il dibattito era estremamente fervido e includeva soprattutto il concetto che l’indipendenza e la libertà della donna passava per l’autonomia economica; che il lavoro doveva essere equamente retribuito ed essere uguale per donne e uomini; che dall’occupazione dipendeva l’assunzione di responsabilità politica e il riconoscimento del lavoro femminile come luogo in cui libertà personale, politica ed economica si intrecciavano e aiutavano reciprocamente. Da questa convinzione nacquero programmi di formazione professionale, servizi per lavoratrici, manifestazioni e battaglie per la parità salariale. I proclami governativi a favore del lavoro delle donne in funzione del conflitto bellico, non consideravano le condizioni a cui le donne erano sottoposte; si pensava che le donne fossero più adatte a svolgere mansioni di retrovia visto anche il loro scarso addestamento militare.

Quello che bisogna considerare è che anche all’interno del movimento anarchico esistevano a riguardo posizioni diverse. Nonostante i cambiamenti rivoluzionari favoriti dagli anarchici, la collettivizzazione di terre nelle aree rurali, la collettivizzazione di fabbriche in città, i rapporti di genere non erano molto cambiati e l’uguaglianza tra uomini e donne non era ancora stata raggiunta. Il lavoro familiare continuava a ricadere solo sulle donne, il salario era diverso da quello degli uomini, la divisione sessuale del lavoro e il controllo erano esercitati dagli uomini.

Stanche del protrarsi di questa situazione, Mujeres Libres organizzò gruppi di lavoro e di inserimento professionale: a Madrid il gruppo dirigeva una scuola di meccanica, programmi di formazione per segretarie, laboratori per operaie tessili, una scuola guida e una scuola di mettallugìa; a Barcellona si organizzarono sezioni di lavoro per conducenti di trasporti pubblici, operaie metallurgiche, infermiere, segretarie e operaie tessili. Oltre a questi programmi, furono attuati corsi tecnici di agricoltura, zootecnia e cultura generale presso le collettività agricole. Inoltre, pubblicizzarono esercitazioni di tiro e distribuzione di fucili e, insieme con la Solidaridad International Antifascista (SIA), organizzarono gruppi di donne in visita al fronte, trasporto di viveri nelle città assediate, gestione dei profughi in una logica di solidarietà e antifascismo.

Nell’ambito pedagogico si resero conto che bisognava apportare modifiche sostanziali soprattutto nella creazione di un corpo insegnante i cui insegnamenti dovevano essere in linea con la tradizione pedagogica libertaria che teneva in grande considerazione i bambini e i loro interessi, non prevedeva gratificazioni ma neanche punizioni o gerarchie, spingeva i bambini all’uso dei sensi per scoprire la natura, promuoveva la coeducazione come primo passo per l’abbattimento del sessismo. Costruirono poco fuori Barcellona, “La Tortuga”, residenza che accoglieva bambini rifugiati, dove potevano vivere in comune e studiare, nella consapevolezza che l’educazione era da considerarsi una forma di resistenza al fascismo, utile per preparare le generazioni future ad un’esistenza basata sul rifiuto di ogni forma di autorità e di gerarchia.

Le donne di Mujeres Libres, coerentemente con il loro essere anarchiche antifasciste, hanno cercato di mettere in pratica il loro desiderio di vivere in una comunità formata da individui liberi ed uguali nell’impegno di fornire alle donne gli strumenti per sottrarsi alla triplice schiavitù: la schiavitù dell’ignoranza, la schiavitù di genere e quella lavorativa.

La conclusione della guerra e la fine dell’esperienza repubblicana, riportò la Spagna indietro di parecchi decenni. Il generalissimo Franco instaurò un regime efferato e per molti di quelli che avevano aderito e sostenuto la Repubblica, l’unica possibilità fu l’esilio oppure il carcere e a volte la morte.

Mercè Comaposada si rifugiò in Francia insieme al compagno Baltasar Lobo, dove continuò a scrivere per la rivista anarchica “Tierra y Libertad” e, grazie ai contatti che aveva continuato ad avere con gli alri rifugiati, collaborò alla pubblicazione di “Mujeres Libres en el Exilio” nel periodo che va dal 1965 al 1975.

Lucía Saornil e la sua compagna América Barroso, trovarono rifugio in Francia per poi passare clandestinamente la frontiera e stabilirsi prima a Madrid e poi a Valencia dove vissero nascose a causa delle loro posizioni politiche e del loro essere lesbiche.

Amparo Poch si traferì, con il suo compagno Francisco Sabater, in Francia dove aprì uno studio medico clandestino per rifugiati spagnoli fino a quando non fu assunta a lavorare nel dispensario dell’ospedale di Tolosa.

Le rivendicazioni di questo gruppo siano da monito perché ancora attuali e perché ci dicono che se non si abbatte il sistema patriarcale, e di conseguenza la cultura maschilista, le battaglie delle donne saranno destinate a durare a lungo.