Bologna, 20 maggio 1916 – L’Aquila, 16 ottobre 2006
Nel pieno della Prima Guerra Mondiale, a Bologna, nella zona di Porta Galliera, in casa Valla si respira aria di gioia immensa e di festa: dopo quattro maschi è nata una femmina. Il papà Gaetano, uomo di molta fantasia, in omaggio alla città delle meraviglie turca Trapezunte e come auspicio per una vita piena di gratificazioni, le da il nome di Trebisonda.
Ben presto Trebisonda manifesta la sua passione per lo sport e a undici anni, quando frequenta la scuola elementare “Salvatore Muzzi”, viene notata, durante la Coppa Bologna – competizione sportiva che coinvolge tutte la scuole elementari e medie della città – proprio per le sue doti di velocista.
Nel 1929, Bologna Sportiva organizza la prima competizione internazionale di atletica femminile alla quale si iscrivono le migliori atlete. Trebisonda, per poter partecipare cambia il suo nome in Ondina e disputa una delle sue prime gare rivaleggiando con la fortissima Claudia Testoni, contro la quale avrebbe successivamente gareggiato in diverse altre competizioni. Per tutta la vita furono rivali sportive sane e leali ma fuori dai campi la loro amicizia non aveva ostacoli ed era pura e genuina.
I metodi di allenamento ai quali Ondina viene sottoposta sono durissimi ma i risultati che ottiene sono grandiosi: ha tredici anni quando vince i campionati interscolastici bolognesi; l’anno successivo diviene campionessa italiana assoluta; colleziona 18 presenze nella nazionale di atletica; si cimenta e vince nei 50 mt piani e negli 80 metri a ostacoli.
Grazie alla dura preparazione e alle vittorie conseguite, Ondina è pronta per partecipare alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932 ma viene esclusa su pressione del Vaticano, nella persona dell’allora papa Pio XI, che giudica sconveniente che una ragazza di sedici anni faccia un simile viaggio, oltreoceano, unica donna nella squadra di atletica, che deve gareggiare in abiti succinti.
La sua tenacia e resilienza spingono Ondina a non arrendersi e a continuare ad allenarsi e competere collezionando svariate medaglie e diversi primati nazionali.
Tutti questi successi iniziano a catturare l’attenzione della stampa e, soprattutto quella del regime fascista che la giudica un esempio per l’Italia che, retoricamente, esalta la sana gioventù in un periodo durante il quale la politica femminile fascista risulta retrograda e fortemente patriarcale, e vieta alle donne la partecipazione alle attività sportive.
Nel 1936 si svolgono i Giochi Olimpici di Berlino che rappresentano molto di più di un evento sportivo mondiale. Rappresentavano una opportunità per la propaganda del nazismo e della sua ideologia e, nonostante molte regole sono chiaramente discriminatorie e razziste, molti paesi decidono di parteciparvi, tra questi l’Italia che schiera per l’atletica femminile Ondina Valla e Claudia Testoni.
Hitler usa i giochi per promuovere l’immagine di una Germania forte e unita, nascondendo però la persecuzione dei Rom e degli Ebrei a cui aveva dato inizio, nonché la politica di militarizzazione che stava adottando.
Sono Olimpiadi che comunque passeranno alla storia anche per altri eventi: compaiono per la prima volta i tedofori; Jesse Owens, velocista statunitense di colore, vince quattro medaglie d’oro; Leni Riefensthal, regista tedesca filonazista e amica di Hitler, gira “Olympia” uno dei migliori film che ha immortalato l’evento.
Nell’agosto del 1936, allo Olympiastadion di Berlino, si gareggia per l’oro negli 80 mt a ostacoli femminili e Ondina parte dalla quinta corsia e arriva al traguardo conquistando l’oro e battendo la tedesca Anni Steuer per sessantuno millesimi di secondo. È la più giovane atleta italiana a vincere un oro olimpico, con un record rimasto imbattuto fino al 2004.
Nell’Italia fascista questa vittoria fa diventare Ondina una icona per molte ragazze italiane appassionate di sport ma genera anche una spaccatura tra chi sostiene le posizioni del Vaticano a proposito dello sport femminile e chi invece si auspica che le donne possano partecipare alle attività sportive e alle competizioni. Questo evento cattura l’immaginazione di tutto il paese ma allo stesso tempo mette in luce le contraddizioni tra la propaganda del regime e la realtà delle donne che si affermano nello sport.
Ondina diventa la vera trionfatrice di queste olimpiadi perché con la sua vittoria apre la pista alle atlete che sono arrivate dopo di lei. Il suo eclettismo, qualità che le permette di gareggiare per parecchi anni, la spinge a cimentarsi anche in altre discipline: stabilisce il primato nazionale nel salto in alto con la misura di 1,56 mt (primato che rimane imbattuto fino al 1955); ottiene 3 vittorie ai giochi mondiali dello sport universitario di Tokyo; si guadagna altri 15 titoli nazionali fino a diventare campionessa regionale di lancio del peso nel 1950.
Per diversi anni la vita agonistica di Ondina è costellata da problemi a ginocchia e schiena dovuti alla spondilosi vertebrale, una lenta e progressiva deformazione delle articolazioni vertebrali e del disco. Per questo si rivolge all’Istituto Rizzoli, centro celebre per l’ortopedia, dove viene visita da uno dei migliori specialisti, il Dott. Guglielmo De Lucchi. La passione dell’uno per la medicina e dell’altra per lo sport, li unisce come coppia e, nel 1944 Ondina e Guglielmo si sposano.
L’anno successivo Ondina abbandona definitivamente l’agonismo professionale e dopo qualche tempo la nascita di Luigi, suo unico figlio, occupa quasi completamento il suo tempo. Da li a poco si trasferirà con la famiglia dapprima a Pescara, dove al marito viene offerta una carica dirigenziale, e successivamente a L’Aquila.
Questa città rappresenterà per Ondina la sua seconda terra dopo la sua amata Bologna. Qui verrà costruita “Villa Fiorita”, clinica privata per il recupero di traumatologie sportive voluta dal marito, della quale Ondina si occuperà fino alla morte di Guglielmo.
Ondina Valla ha rappresentato non solo l’eccellenza atletica ma anche la contraddizione tra la propaganda del regime e la realtà delle donne che si affermavano nello sport, perché la sua vittoria ha messo in evidenza quanto le donne potessero eccellere nonostante le limitazioni imposte. Ma questa vittoria rappresenta anche la vittoria di ogni donna, della tenacia e del desiderio di essere protagonista della propria vita, della voglia di correre dietro ai propri sogni, della possibilità di trasformare i nostri limiti in blocchi di partenza dai quali partire da inginocchiate per arrivare a traguardi inaspettati.
Ondina continuerà a vivere a L’Aquila fino alla sua morte avvenuta nel 2006.