"La scrittura esige virtù scoraggianti, sforzi, pazienza: è un'attività solitaria in cui il pubblico esiste solo come speranza" - Simone De Beauvoir
CATHERINE MARIE-AGNÈS FAL DE SAINT PHALLE (NIKI DE SAINT PHALLE)

CATHERINE MARIE-AGNÈS FAL DE SAINT PHALLE (NIKI DE SAINT PHALLE)

Catherine Marie-Agnès Fal De Saint Phalle (Niki de Saint Phalle)

Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1930 – San Diego 21 maggio 2002

Pittrice, scultrice, regista, scrittrice, modella, realizzatrice di plastici. Temperamento ribelle ed estro incontenibile, credeva nel potere vivifico e salvifico dell’arte e ha raggiunto fama mondiale come una delle artiste più visionarie del ventesimo secolo. Le sue opere inneggiano all’emancipazione femminile e declamano l’inaccettabile subalternità della donna schiacciata dalla società patriarcale. Ha fatto della sua arte uno strumento di provocazione e di denuncia e ha scelto le colline della maremma toscana per realizzare il sogno della sua vita.

Siamo nel 1930 quando a Neuilly-sur-Seine nasce Niki, secondogenita di Jeanne Jacqueline Harper, attrice e ricca ereditiera americana, e André Marie Fal de Saint Phalle, aristocratico banchiere francese. Qui Niki trascorre i primi tre anni della sua vita, nel castello dei nonni, a cui i genitori l’avevano affidata per trasferirsi a New York portando con loro solo il figlio maggiore. Cresce però a New York dove tutta la famiglia si è trasferita dopo la crisi finanziaria del 1929 che ha colpito anche la loro attività finanziaria e dove Niki frequenterà scuole cattoliche e pubbliche che cambierà con molta frequenza a causa del suo carattere ribelle, irrequieto e insofferente. Fu addirittura espulsa dalla Brearley School per aver dipinto le foglie di fico che coprivano le parti intime delle statue poste nel giardino con del colore rosso solo perché secondo lei erano troppo noiose, senza rendersi conto che il colore colando aveva imbrattato anche altre parti delle statue.

Aspetta con ansia le vacanze che trascorre nel castello Filerval dei nonni in Fancia, dove le vecchie zie si dilettano nella lettura dei tarocchi e il nonno si diverte a raccontarle storie di valorose eroine. Comunque, nonostante tutte le sue malefatte scolastiche, riuscirà nel 1947 a laurearsi alla Oldfield School, nel Maryland. Ha 17 anni quando viene notata da un’agente, durante il ricevimento che avrebbe sancito il suo ingresso nel mondo degli adulti o dove, secondo Niki, le ragazze avrebbero dovuto trovare i futuri mariti, ricchi, senza doversi preoccupare di lavorare. Per Niki questo era un futuro aberrante e colse subito l’occasione che il fotografo le offri, per comunicare ai genitori che avrebbe fatto la modella.

Fu così che iniziò la sua carriera, posando per riviste come Life Magazine, Vogue e Elle, e che segnerà l’eccentrico destino di quest’artista. Le sue inclinazioni artistiche iniziano a prendere forma, si interessa di teatro e sogna di diventare attrice, si esprime nella scrittura, guarda al mondo del cinema e immagina di avere una vita libera e lontana dalla sua famiglia. Conosce Harry Mathews, scrittore e musicista, durante uno dei soliti viaggi che la portavano da casa sua allo studio fotografico. Si innamorano e decidono di scappare insieme per sposarsi e vivere lontano dalle loro famiglie.

È il 1950, la coppia vive nel Massachusset dove Harry studia musica e Niki è incinta. Comincia a dipingere e anche quando nascerà Laura continuerà a farlo con lei. Le piace dipingere perché la rilassa e la fa essere se stessa. Il ruolo di madre non fa per lei, adora la sua bambina ma non si sente mai completa. Harry si occupa di tutto ma questo non le basta. Decidono di trasferirsi a Parigi, dove entrambi avrebbero potuto trovare un ambiente artistico più consono alle loro visioni. A Parigi Niki inizia a dedicarsi al teatro, attività che è costretta ad abbandonare a causa di un esaurimento nervoso che la porterà in un ospedale psichiatrico, a Nizza, dove verrà ricoverata e sottoposta a diversi cicli di elettroshock. Ed è proprio qui, in questo luogo di sofferenza, lontana dal marito e dalla piccola Laura che Niki inizia a comporre collage con foglie e rami trovate nel giardino e che scopre il potere terapeutico della pittura; qui deciderà di dedicarsi completamente all’arte. Nel 1954 nasce Philip e Niki è sempre più stanca e i suoi disturbi alla tiroide sono sempre più pressanti. Inoltre una strana lettera ricevuta dal padre le fa riemergere ricordi degli abusi subiti all’età di 11 anni e continuati nel tempo ch lei aveva rimosso dalla sua mente. Niki chiede spiegazioni alla madre che però si rifiuta di affrontare l’argomento e di fornirle spiegazioni.

A Parigi Niki respira la creatività nell’aria e inizia a realizzare quadri collage materici incentrati prevalentemente su figure femminili. L’arte riesce a calmare la sua confusione interiore e ad addomesticare i suoi mostri. Fortunatamente i loro amici possono occuparsi dei bambini e questo permette a Niki e Harry di fare un viaggio in Europa. In Spagna scopre le opere di Antoni Gaudí rimanendone colpita e torna a Parigi con la voglia di usare oggetti trovati come elementi delle sue opere, mescolare materiali e tecniche differenti, realizzare sculture a dimensione reale. Nel 1956 a St. Gallen, in Svizzera, Niki realizza la sua prima personale e conosce lo scultore locale Jean Tinguely, autore di complicati meccanismi cinetici che emettono anche suoni, e sua moglie Eva Aeppli. Il sodalizio con Jean sarà inizialmente artistico per poi diventare anche sentimentale. Del periodo trascorso insieme Niki scriverà: «La collaborazione tra me e Jean è stata un dono del cielo, unico e privilegiato. Questa possibilità di lavorare insieme ha segnato con colori intensi i rapporti di amore, di amicizia e di rivalità che abbiamo sempre avuto».

Nel 1960 Niki si separa dal marito e inizia a condividere con Tinguely uno studio a Montparnasse senza mai perdere di vista i figli che continuano a vivere con Harry. In questa fase del suo percorso artistico Niki ha voglia di impiegare materiali trovati nei vari mercatini, che consistevano in cianfrusaglie, per realizzare assemblaggi che permettevano a chi li osservava di interagire tirando freccette sull’opera, che in quel momento poteva rappresentare chiunque, un nemico o addirittura se stessi. Quest’opera dal titolo “Portrait of my lover” venne esposta durante la mostra “Comparison” tenutasi nello stesso museo in cui aveva esposto Pollock, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. Quello che a Niki interessava non era il successo quanto l’essere considerata una neorealista alla stessa stregua degli uomini. Affermerà: «[…] Ero arrabbiata con gli uomini, con il loro potere. Sentivo che mi avevano portato via quella libertà che avevo bisogno di sviluppare individualmente. Volevo conquistare il loro mondo […] volevo dimostrare loro che ero qualcuno che esistevo, che la mia propria voce il mio grido di protesta era importante per me come donna».

In questa fase del suo percorso artistico, per Niki creazione e distruzione sono strettamente connessi e questa connessione viene dimostrata attraverso i «Tirs», i Tiri, performance durante le quali il pubblico, dotato di carabina o fucile, sparava colpi su assemblati materici di gesso, che nascondevano contenitori di vernice colorata, provocando violente esplosioni multicolori che si posavano sul bianco del gesso dando vita all’opera d’arte. Niki affermava che attraverso i Tirs «[…] Ho sparato a mio padre, a tutti gli uomini, uomini piccoli, uomini alti, grandi, grassi, mio fratello, la società, la chiesa, la scuola del convento, la mia famiglia, mia madre, tutti gli uomini. Papà, me stessa…». Grazie a questi spettacoli Niki diventa famosa ed entra a far parte, come unica donna, del Nouveau Réalisme insieme ad esponenti come Christo, Yves Klein e lo stesso Tinguely.

I Tirs rappresentavano per Niki una maniera per tirare fuori la sua rabbia e addomesticarla lasciando spazio all’allegria, al gioco, ai colori. Attraverso questa violenza artistica sembra che tutta la rabbia contro gli stereotipi imposti, la limitazione delle libertà dell’individuo e soprattutto delle donne, venga scaricata e riesca a produrre rinascita e nuova vita. Questa pacatezza raggiunta la spinge a dedicarsi alle figurazioni femminili che da questo momento diventeranno il suo soggetto prediletto.

Inizialmente realizza una serie chiamata «Mariées», Spose, delle sculture create con oggetti di scarto, come bambole rotte, giochi in plastica, pistole, contenitori di varie forme e dimensioni, che rappresentavano la contrarietà ai ruoli sociali femminili stereotipati che rendono la donna vittima di se stessa, obbligandola a rinunciare alla propria individualità, e nello stesso tempo carnefice dei suoi figli, in grado di rinunciare al proprio ruolo di madre fino a rinunciare a loro. L’aspetto di queste sculture era mostruoso, rappresentavano spesso streghe, prostitute, partorienti, spose scheletriche, madri divoratrici.

Opere che hanno a che fare con il dolore, i ruoli femminili, l’isolamento, la confusione. Stati d’animo che erano quelli che provava Niki mentre le realizzava.

Siamo nel 1965, la Francia ha da poco approvato la legge che permette alle donne di poter lavorare senza il permesso del marito. Niki e Jean viaggiano molto e conoscono artisti di svariate estrazioni artistiche, come Larry Rivers, artista, musicista e regista statunitense, che li inviterà nella sua abitazione dove Niki rimarrà affascinata da Clarice, la moglie incita dalla quale si farà ispirare per la realizzazione di una scultura in lana e cartapesta, dalle dimensioni reali, senza alcun tratto del volto ma con rotondità accentuate e a volte esagerate. Sarà la prima della serie che caratterizzerà l’arte di Niki. Il suo ideale di femminilità sta esplodendo e inizia a realizzare sculture femminili di grandi dimensioni, coloratissime, gioiose, stravaganti.

Sono le «Nanas», le ragazze, inizialmente realizzate con lana, stoffa e cartapesta, successivamente in gesso su struttura metallica e, man mano che le dimensioni aumentavano, con la resina poliestere. Sono figure di donne opulente con la testa piccola e mani e piedi accennati; sembrano rappresentare le figure archetipiche o le guerriere, le madri pronte a conquistare il mondo; donne libere, gioiose, in movimento, forti; donne che si affermano in un mondo maschilista; variopinte e traboccanti di vitalità sembrano dare vita a una società matriarcale; paiono muoversi con leggiadria e gioia, in maniera trionfante. I colori vanno dal rosa all’azzurro al rosso e persino al nero, le loro forme sono tonde e non rispettano i canoni estetici che gravano sul corpo femminile, sono la voce di Niki durante le manifestazioni femministe e un po per volta iniziano ad abitare spazi pubblici, musei, piazze. Niki scriverà: «[…] Dopo la Nana di stoffa e lana, sognai delle giganti colorate Nana che potessero erigersi all’aperto, nel mezzo di un parco o di una piazza. Volevo che assumessero il potere del mondo. […] Le Nanas simboleggiano per me le donne libere, serene, sicure di sé. Sono donne che hanno conquistato il proprio potere ma anche il lato femminile di ognuno di noi, donna o uomo. […] Sono grandi gli uomini lo sono e bisogna che loro lo siano di più per poter essere loro uguali».

Nel 1966, insieme a Tinguely e Per Olof Ultvedt, realizza per il Moderna Museet di Stoccolma “Hon”, la prima Nana che supera la grandezza naturale. Una Nana incinta, realizzata in poliestere di 28 metri di lunghezza, 6 metri di altezza e 9 metri di larghezza, stesa supina con le gambe aperte come una partoriente, con le ginocchia sollevate e i talloni alzati; passando attraverso la sua vagina il pubblico poteva visitare un planetario situato nel seno sinistro; un bar e una macchina distruggi bottiglie usate, posizionate nel seno destro; una sala cinema predisposta per 12 posti a sedere, in un braccio mentre in una gamba si poteva visitare una mostra che esponeva dipinti falsi; nel ginocchio era posizionata la “Panchina degli innamorati” dove le parole catturate venivano poi diffuse con altoparlanti in altre parti della scultura; negli altri spazi visitabili si poteva incontrare uno scivolo, un cervello in legno motorizzato, una cabina telefonica. Infine attraverso una scala si poteva giungere nella pancia di Hon e osservare i visitatori che entravano e uscivano dal suo corpo. I colori utilizzati erano brillanti e vi si potevano vedere chiaramente i tratti che caratterizzeranno in seguito la serie delle Nanas.

In breve tempo Niki raggiungerà una grande fama come artista monumentale e verrà chiamata a creare numerosi progetti che realizzerà con la collaborazione di Tinguely:

Le Cyclope”, una scultura di circa 23 metri, realizzata in cemento e metallo, parzialmene rivestita di specchi, che quando si sveglia si illumina ed emette borbottii, situata nel bosco di Milly-la-Foret;

la “Fontaine Stravinsky” nella Piazza del Centre Pompidou, dove 16 sculture con colori sgargianti e forme curiose sembrano muoversi sfiorando l’acqua;

L’ange protecteur”, una Nana alata che veglia sui viaggiatori della Stazione Centrale di Zurigo;

il “Golem” una grande statua a forma di mostro con tre lingue ognuna delle quali è uno scivolo, situata all’interno del Parco Rabinovitch a Gerusalemme.

Contemporaneamente alla sua arte, cresceva in Niki l’impegno e l’attenzione nei confronti di tematiche sociali particolarmente urgenti come il cambiamento climatico, i diritti delle donne, l’AIDS per la cui causa contribuì con un libro scritto e illustrato dal titolo “AIDS: You Can’t it Holding Hands” che verrà tradotto in 5 lingue.

Ormai il suo rapporto con Harry è definitivamente finito, lei continuerà ad amarlo sempre anche se deciderà di divorziare da lui per poi sposare, nel 1973, Jean Tinguely con il quale ormai condivideva vita e arte. Con l’aumento dei lavori iniziavano però a non poter più essere trascurati i problemi di salute di Niki che a causa dei gas tossici del poliestere, materiale usatissimo per le sue opere, manifestava palesemente problemi respiratori e polmonari che la porteranno a un ricovero in una clinica svizzera. Durante la sua convalescenza inizia a maturare l’idea di costruire un parco come quello che aveva immaginato quando aveva visitato con Harry durantee il suo viaggio in Spagna. Lo pensa pieno delle sculture che lei e Tinguely realizzano, che rappresentino gli arcani maggiori e allestito anche con l’aiuto di amici e collaboratori. Rivede per caso la fotografa Marella Caracciolo Agnelli, sua vecchia amica del periodo newyorkese, con la quale discute del suo eccentrico progetto senza immaginare che l’idea aveva entusiasmato Marella al punto da coinvolgere i due fratelli, Carlo e Nicola, e concedere a Niki un terreno, a Garavicchio, nelle colline maremmane, per la realizzazione del suo sogno.

L’elemento femminile, rappresentato da figure opulente e piene di vita, continua a essere il punto centrale della sua arte ma la sua massima espressione si realizza nel “Giardino dei Tarocchi”, questo è il nome del progetto più impegnativo e affascinante a cui, insieme a Tinguely e altri amici, Niki lavorò incessantemente, dedicando anima e corpo, occupandosi della direzione dei lavori e curando ogni dettaglio.

Trasse ispirazione soprattutto dal Parc Guell di Gaudì e dal Sacro Bosco realizzato da Pier Francesco Orsini a Bomarzo. Creò un equilibrio perfetto tra arte e architettura installando 22 sculture monumentali, ispirate alle figure degli arcani maggiori dei Tarocchi, con uno scheletro fatto di acciaio sul quale è stata applicata una rete metallica che fa da supporto al cemento che sarà spruzzato e che verrà ricoperto da poliestere per essere poi rivestito da piastrelle di ceramica realizzate direttamente sul posto, frammenti di specchio e vetri coloratissimi. Niki sapeva che un giorno avrebbe costruito il suo giardino della gioia, un luogo dove l’uomo si incontrava con la natura. Per questa ragione sceglie di passare molto tempo all’interno di una delle sculture, la Sfinge/Imperatrice, che lei percepisce come un ventre protettivo nel quale rinascere e che allestirà rivestendola di specchi, realizzando un enorme serpente che cinge la vasca da bagno e dalla cui bocca sgorga l’acqua, una camera da letto essenziale e una cucina nei cui mobili si può vedere riflessa la propria immagine.

Qui Niki viveva durante alcuni periodi di realizzazione del parco, accompagnata da collaboratori come Rico Weber, Ricardo Menon e una schiera di artisti, architetti, esperti d botanica, ceramisti, operai specializzati ai quali Niki ha voluto rendere onore riportando sul lastricato la memoria del parco. Le sculture sono disposte quasi a indicare un percorso giocoso durante il quale ci si può imbattere nella Luna, il Diavolo e le altre figure, ricoperte di specchi che a volte deformano l’immagine, scintillanti sotto al sole e che conferiscono all’insieme un aspetto magico.

Non c’è una veduta d’insieme delle sculture ma si scoprono man mano che si percorre il giardino. Negli specchi applicati su alcune figure, le immagini si deformano, si scompongono e riflettono un paesaggio mutevole perché l’alternarsi delle ore conferisce alle opere colori e superfici che non sono mai uguali e perché l’alternarsi delle stagioni, che si percepisce soprattutto nella vegetazione spontanea che cresce intorno e nei suoi odori, rendono mutevoli e vive anche le forme nelle quali ci si imbatte. Il percorso si conclude sulla sommità del colle dove ci si troverà difronte le più grandi sculture che Niki abbia mai realizzato: L’Imperatrice e l’Imperatore o, come Niki amava chiamarli, la Sfinge e il Castello, strutture visitabili dove si possono ammirare una piazza con 22 magnifiche colonne e una fontana dove piccole Nanas fanno sgorgare acqua dai capezzoli.

Le altre sculture sono dislocate in spazi ampi e luoghi dove regna il silenzio e ammirare i loro colori e le loro forme racchiudono ciò che Niki voleva trasmettere e cioè che l’esistenza umana si sviluppa attraverso una serie di percorsi durante i quali si prende consapevolezza di se stessi e del mondo che ci circonda. Questa magia Niki ha voluto preservarla affidando all’architetto e amico Mario Botta, la realizzazione del portale d’ingresso alto quasi 5 metri, con una struttura portante realizzata in cemento armato e rivestita da blocchi di tufo toscano con un buco enorme posto al centro che è il portale di accesso al parco.

La realizzazione di questo progetto, completamente autofinanziato, mette Niki a dura prova nel reperimento dei fondi; crea altre opere, scrive libri, realizza film e crea addirittura un profumo.

Nel 1991 muore a Berna Jean Tinguely e Niki si impegna affinché venga realizzato un museo in suo memoria che sorgerà qualche anno più tardi a Basilea progettato dallo stesso architetto che si era occupato dell’ingresso del giardino, Mario Botta. Purtroppo le condizioni di salute di Niki peggiorano sempre più e nel 1993 è costretta a trasferirsi in California da dove continuerà a seguire e dirigere il completamento del Giardino che verrà inaugurato nel 1998. Come ha scritto Niki «[…] Il mio giardino è un posto metafisico e di meditazione un luogo lontano dalla folla e dall’incalzare del tempo, dove è possibile assaporare le sue tante bellezze e significati esoterici delle sculture. Un posto che faccia gioire gli occhi e il cuore».

Niki morirà nel 2002 lasciandoci un’eredità artistica difficile da imitare perché così unica da mozzare il fiato quando si osserva.