Mina Gertrude Lowry (Mina Loy)
(Londra, 27 dicembre 1882 – Aspen, Colorado, 25 settembre 1966)
Scrittrice, poetessa, pittrice, agente d’arte, disegnatrice di lampade, artista eclettica, Mina Loy è considerata da molti la quintessenza della donna moderna e una delle protagoniste della rivoluzione modernista che ha attraversato tutte le Avanguardie del primo Novecento.
Mina è figlia di una inglese protestante e di un ebreo ungherese, e sin da piccola mostra una inclinazione verso il disegno e il racconto di storie che lei stessa inventa. Adolescente Mina si sente fuori posto nel luogo dove abita che considera intriso di formalità inglesi e inizia a manifestare la sua inclinazione polemica nei riguardi delle convenzioni borghesi del periodo che considera la donna priva di ambizioni e votata solo alla famiglia. Frequenta le scuole d’arte di Londra e si iscrive all’Accademia d’arte di Monaco e con la sua eccentricità si ambienta velocemente calandosi immediatamente nelle stravaganze di questa città così cosmopolita.
Mina è una donna eclettica e ben presto si rende conto che Monaco non ha più niente da offrirle. Convince i genitori della necessità di trasferirsi a Parigi per perfezionare la sua formazione artistica e qui le si apre un mondo nel quale si immerge da subito, frequentando l’ambiente Bohemien degli artisti, dove diventa amica di Gertrude Stein e conosce Duchamp, Apollinaire, Cocteau e il fotografo Stephen Haweis con il quale si sposa. Mina è però uno spirito ribelle che vuole essere se stessa e che ha una voracità di conoscenza e sperimentazione che non le permette di vivere appieno il suo rapporto matrimoniale. La sua vita precipita improvvisamente quando la figlia Oda Janet muore di meningite. La vicenda mette a dura prova il matrimonio anche perché Mina intraprende una relazione con il medico che l’ha in cura per nevrastenia e rimane incinta. Stephen decide di assumersi la paternità ma a patto che Mina si allontani da Parigi e si trasferisca con lui a Firenze. Mina è a volte insofferente e a volte carica di un’energia strabiliante, si allontana sempre più dal marito fino a concludere definitivamente questo rapporto nel 1913. Rimasta sola con i suoi tre figli, Mina continua a frequentare il Bar delle Giubbe Rosse, storico locale fiorentino dove si incontrano letterati e artisti italiani e stranieri, dove conosce Isadora Duncan e rimane affascinata dal Movimento Futurista al quale aderisce per rovesciare i canoni conformisti. É di questo periodo la forte depressione nella quale cade e dalla quale si risolleva grazie all’ambiente futurista che frequenta e a una mostra nella quale esporrà una serie di ritratti che lei dedica a Filippo Tommaso Marinetti. Nello stesso periodo Mina si dedica anche alla composizione di poesie, testi teatrali e un romanzo Brontolivido, dedicato a Giovanni Papini.
Le idee del Futurismo che ormai guidano la sua vita artistica, portano Mina, nel 1914, a scrivere il Feminist Manifesto, un testo teorico nel quale sostiene che il femminismo non ha ancora affrontato la questione femminile in maniera globale e afferma con impeto il bisogno delle donne di combattere per la propria individualità, rivendicando il loro ruolo nella società e senza piegare le loro personalità e i loro desideri a quelli del patriarcato. Le prime frasi che si leggono sono: «Il movimento femminista come attualmente istituito è Inadeguato. Donne se volete realizzarvi – siete alla vigilia di uno sconvolgimento psicologico devastante – tutte le vostre piccole illusioni devono essere smascherate – le bugie secolari devono sparire – siete pronte allo Strappo? Non c’è mezza misura – NON basta scalfire la superficie del cumulo di spazzatura della tradizione per la Riforma, l’unico metodo è la Demolizione Assoluta […].»
Nel suo scritto Mina ribadisce che bisogna liberarsi dal concetto che la donna è uguale all’uomo e che l’unico momento in cui gli interessi dei sessi si fondono è l’abbraccio sessuale. Bisogna demolire la divisione delle donne in due classi: amante e madre rivendicando la conquista di pari diritti alla sessualità e maternità per donne nubili e coniugate. Perché ciò accada, la donna deve sacrificare per prima la sua “virtù”, attraverso la distruzione chirurgica della verginità durante la pubertà, in quanto se pura è più facile da tenere a bada, e poi deve liberarsi dal desiderio di essere amata e protetta.
L’amore per la poesia non ha abbandonato Mina e nel 1915 Others: a Magazine of the New York Verse, pubblica Love Songs, un componimento nel quale usa un nuovo tipo di scrittura, dove non vi è punteggiatura e la spaziatura è molto usata, che sfrutta la mescolanza di vocabolari, il clinico con il colloquiale oppure lo scientifico con il convenzionalmente poetico, e che è pieno di evocazioni radicali del sesso, di piaceri, sia sessuali che intellettuali, e dell’incontro paritario dei partner su un terreno sessuale.
Dopo una breve esperienza come infermiera per la Croce Rossa italiana durante il periodo della prima guerra mondiale, Mina nel 1917 affida i suoi figli, alla bambinaia italiana che li segue, e parte per New York, con la voglia di reinventarsi come artista. Qui conosce Man Ray e Marcel Duchamp, con il quale instaura un’amicizia durata per quarant’anni, e Arthur Cravan, nipote di Oscar Wilde, di cui si innamora perdutamente e che, dopo aver ottenuto il divorzio da Haweis, sposa in Messico nel 1918.
Incinta, decide con il marito di partire per Buenos Aires ma su barche diverse. L’imbarcazione su cui viaggia Craven scompare misteriosamente al largo delle coste del Messico facendo perdere ogni sua traccia. Colta dalla disperazione, Mina torna a Londra dove nasce Jemima Fabienne, figlia avuta da Craven. Da Londra inizia a viaggiare in Europa per fermarsi a Parigi, dove trascorre gli anni venti diventando un volto fisso dell’avanguardia parigina. Durante la sua vita Mina ha disegnato i propri vestiti e cappelli, ma anche paralumi, oggetti d’arte e oggetti per la casa nel tentativo di portare l’arte nella vita quotidiana. Con questa convinzione, e grazie all’aiuto avuto da Peggy Guggenheim, apre un negozio di paralumi che funzionano come lanterne magiche o schermi cinematografici e che sfruttano l’elettricità per trasformare gli spazi domestici in scene strane e incantate o in stellari paesaggi urbani come descritti nelle sue poesie.
Parigi è anche la città dove Mina pubblica per la prima volta il suo unico libro di poesie Lunar Baedecker, una raccolta nella quale la poesia può essere considerata come un viaggio intimo nei mondi interiori dell’immaginazione e dell’inconscio, che sottolineava l’esperienza femminile e l’arte per amore dell’arte.
Terminata l’esperienza con Peggy Guggenheim, Mina ritorna a New York e va a vivere in una sorta di comune, nel Bowery, realizzando assemblaggi artistici con oggetti ricavati da rifiuti o recuperati per strada. Nel 1958, Mina espone per l’ultima volta le sue opere che raffigurano i senzatetto della Bowery e che mostrano le devastazioni della guerra e l’aspra realtà postbellica di New York.
Dopo questa esperienza, Mina si stabilisce ad Aspen, in Colorado, vicina alle sue figlie, Joelle e Jemima, dove continua a scrivere poesie e a dedicarle a temi scomodi e soggetti fragili con estrema lucidità e ironia e dove muore a 83 anni, nel 1966, dopo un lungo periodo di silenzio e sofferenza.
Leggendo le poche notizie disponibili su Mina, mi sono resa conto che quello che di lei mi ha colpito di più è che, come quasi sempre accade solo perché donna, il lavoro che ha fatto come scrittrice, poetessa ma anche come pittrice e artista in generale, nel periodo in cui è vissuta, non è ritenuto “abbastanza” per inserirla tra i modelli canonici. Le sue parole, inaspettate e vive, lette oggi ti fanno recuperare il piacere della lettura e ritrovare quel pensiero insubordinato ed emancipatore che li caratterizza. Le sue opere d’arte invece ti lasciano senza fiato come quella esposta quest’anno alla Biennale di Venezia.